Tar 2025 - **zone rosse e posizione del TAR in materia di accesso ai dati delle forze dell'ordine**
**1. Premessa**
L’implementazione di controlli potenziati nelle zone rosse, specialmente in periodi di emergenza sanitaria o di sicurezza, comporta spesso l’adozione di misure restrittive volte a tutelare l’ordine pubblico e la salute pubblica. Tuttavia, tali misure devono rispettare i principi costituzionali e le norme in materia di accesso ai dati e trasparenza amministrativa.
**2. Controlli potenziati e classificazione delle informazioni**
Nel contesto delle zone rosse, le autorità competenti dispongono di strumenti e misure eccezionali, tra cui la raccolta, l’uso e la conservazione di dati sensibili e riservati. Le forze dell’ordine, in particolare polizia e carabinieri, producono note, rapporti e documenti che spesso vengono classificati come “riservati” o “inaccessibili” per motivi di sicurezza pubblica e tutela delle indagini.
**3. La richiesta di accesso ai dati e la loro classificazione**
Nel caso in esame, un soggetto ha presentato ricorso per ottenere l’accesso a note delle forze dell’ordine e a documenti di polizia e carabinieri. Tali richieste, tuttavia, sono state respinte dal TAR, che ha ritenuto che i documenti siano classificati come “informazioni sensibili e private” e che la loro divulgazione possa compromettere la sicurezza pubblica.
**4. Fondamento giuridico del rigetto**
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha fondato il suo provvedimento sulla natura riservata e sulla classificazione dei documenti richiesti. La normativa applicabile include:
- **Il Codice della Privacy (Regolamento UE 2016/679 e D.Lgs. 196/2003)**, che tutela i dati sensibili e le informazioni riservate;
- **Le norme di sicurezza pubblica e di ordine pubblico**, che autorizzano la classificazione e il segreto di documenti e note delle forze dell’ordine;
- **L’art. 24 della legge n. 241/1990**, che prevede che le pubbliche amministrazioni possano opporre il diritto di accesso limitato o escluso ove l’interesse pubblico prevalga sulla trasparenza.
Il TAR ha ritenuto che, in questo caso, il rischio per la sicurezza pubblica e la tutela delle indagini in corso giustificano il mantenimento della riservatezza dei documenti e il diniego all’accesso.
**5. La tutela della sicurezza pubblica e il bilanciamento con il diritto di accesso**
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, sancito dall’art. 24 della legge n. 241/1990, costituisce un principio fondamentale, ma tale diritto può essere limitato o escluso quando la sua esercizio possa arrecare pregiudizio a interessi di rilievo pubblico, tra cui la sicurezza pubblica.
Il giudice amministrativo, nel respingere il ricorso, ha valutato che l’interesse alla sicurezza e alla tutela delle attività investigative prevale sull’interesse alla trasparenza, e che la divulgazione dei documenti comprometterebbe tali obiettivi.
**6. La classificazione delle note delle forze dell’ordine**
Le note e i rapporti delle forze dell’ordine sono considerati documenti riservati, classificati per garantire la sicurezza degli agenti, la tutela delle indagini e la prevenzione di possibili reati o turbamenti dell’ordine pubblico. La loro inaccessibilità è giustificata, quindi, dalla necessità di salvaguardare interessi pubblici prioritari.
**7. Considerazioni conclusive**
In conclusione, il rigetto del ricorso da parte del TAR si basa sulla valutazione che, in presenza di documenti classificati come “riservati” e “sensibili”, l’interesse alla sicurezza pubblica prevale sulla trasparenza amministrativa. La tutela delle informazioni riservate, in questo contesto, è legittima e conforme ai principi di diritto.
Qualora si intendano contestare tali decisioni, si potrebbe valutare la possibilità di presentare istanze di accesso comunque motivate, chiedendo un bilanciamento tra i diritti coinvolti, oppure proporre ricorsi presso organi superiori o presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ove si ritenga che siano stati violati diritti fondamentali.
**8. Nota finale**
È importante ricordare che la tutela della sicurezza pubblica e la tutela della trasparenza devono essere contemperate attraverso strumenti normativi e procedurali che rispettino i principi costituzionali e le norme internazionali. La riservatezza dei documenti ufficiali delle forze dell’ordine, in situazioni di emergenza, rappresenta un limite legittimo all’accesso, purché motivato e proporzionato.
Pubblicato il 22/11/2025
N. 03808/2025 REG.PROV.COLL.
N. 03407/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3407 del 2025, proposto dall’OMISSIS – OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS OMISSIS, OMISSIS OMISSIS e OMISSIS OMISSIS, con domicilio eletto presso lo OMISSISo OMISSIS OMISSIS in Milano, corso OMISSIS, OMISSIS;
contro
il Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del provvedimento n. 1320 emesso dall'Ufficio RPCT Ministero dell’Interno datato 02.07.2025, così come integrato dai successivi provvedimenti nn. 1389 del 0.07.2025 e n. 1449 del 17.07.2025, e di ogni altro atto agli stessi presupposto o connesso;
nonché per l’accertamento del diritto in capo alla ricorrente all’accesso civico generalizzato ai dati ed ai documenti indicati nell'istanza presentata all'autorità competente in data 23.04.2025.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2025 il dott. Federico Giuseppe Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con pec del 23.04.2025 l’OMISSIS OMISSIS OMISSIS sull’OMISSIS (d’ora in avanti anche OMISSIS) presentava un’istanza di accesso civico “generalizzato” ai sensi dell’art. 5 del d. Lgs. n. 33/2013, al Ministero dell’Interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - e alla Prefettura-UTG di Milano, volta a ottenere l’accesso a determinate informazioni e/o dati e documenti relativi ai controlli effettuati e agli ordini di allontanamento emessi nel periodo di tempo 30.12.2024 - 31.03.2025 nelle aree cittadine di Milano denominate “zone rosse”, istituite dal Prefetto di Milano con ordinanza n. 412241 del 27.12.2024.
Nel dettaglio, l’istanza formulata dall’OMISSIS, di contenuto complesso, richiedeva:
(a) l’ostensione dei seguenti documenti:
- la nota del 21.12.24 del Questore di Milano (citata nel provvedimento del Prefetto di Milano del 31.12.24);
- la nota del 23.12.24 del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Milano (anch’essa citata nel provvedimento del Prefetto di Milano del 31.12.24);
- la nota del 26.03.2025 del Questore di Milano (citata nel provvedimento di proroga del Prefetto di Milano del 27.03.25);
- se adottata, la relazione (o le relazioni) in merito alle risultanze dell’attività svolta che deve essere comunicata all’Ufficio di Gabinetto a norma della direttiva del Ministero dell’Interno del 17.12.2024, contenente “le misure implementate nelle diverse aree considerate a rischio nonché gli eventuali provvedimenti adottati, anche ai sensi dell’art. 2 del TULPS”;
(b) l’ottenimento di dati e informazioni del seguente tipo:
1) numero dei controlli effettuati - non già il numero delle persone controllate - nei confronti dei cittadini italiani, nei confronti dei cittadini comunitari e nei confronti dei cittadini extra UE nel periodo compreso tra il 30.12.2024 e il 31.03.2025, suddiviso per nazionalità e genere;
2) numero dei destinatari degli ordini di allontanamento emessi nel periodo compreso tra il 30.12.2024 e il 31.03.2025, suddiviso per nazionalità e genere;
3) conoscere, sul totale dei soggetti allontanati, quanti di questi abbiano subito un provvedimento di condOMISSIS definitiva; quanti siano attualmente sottoposti a procedimento penale; quanti annoverino meri precedenti di polizia ma non siano attualmente sottoposti a procedimento penale;
4) con riferimento ad ognuna delle categorie indicate, conoscere il titolo di reato cui la condizione, il procedimento pendente o il precedente di polizia sia relativo;
5) con riferimento ad ognuna delle categorie indicate, quanti dei soggetti allontanati siano di nazionalità straniera;
6) quante persone siano state denunciate, in conseguenza della violazione dell’ordine di allontanamento prescritto con le citate ordinanze, per violazione dell’art. 650 c.p. e quante per violazione dell’art. 17 T.U.L.P.S., e quante di queste siano di nazionalità straniera.
2. A seguito del mancato riscontro da parte di entrambe le strutture dell’Amministrazione, l’OMISSIS con istanza in data 30.05.2025, integrata in data 05.06.2025, presentava una richiesta di riesame al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (di seguito “RPCT”) presso il Ministero dell’Interno ai sensi dell’art. 5, comma 7, del D.lgs. n. 33/2013.
Con provvedimento prot. 1320 del 2.07.2025 l’adito RPCT, nel rispetto del termine di venti giorni previsto dalla normativa in materia, all’esito gravame azionato, respingeva l’istanza di accesso osservando che:
a) da una parte “non sussistono i presupposti necessari per l'accoglimento dell'istanza di accesso civico generalizzato in oggetto, in relazione ai profili di riservatezza discendenti da esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica”;
b) dall’altra, “il pieno soddisfacimento della suddetta istanza imporrebbe a questa Amministrazione un'elaborazione dei dati cui la stessa non è tenuta, secondo il consolidato orientamento espresso nella materia dalla giurisprudenza amministrativa” .
3. Successivamente, sulla scorta di un approfondimento istruttorio da parte del Dipartimento di P.S., con provvedimento prot. 1389 del 10.7.2025 il medesimo RPCT, a integrazione della precedente, precisava ulteriormente che “l’ostensione dei documenti richiesti determinerebbe un concreto pregiudizio alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica compromettendo l’efficacia dell’azione di prevenzione messa in atto dall’Amministrazione, ai sensi dell’art. 5-bis, c. 1, lett. a) del D. lgs. 33/2013. Si tratta di documenti che riflettono analisi e attività delle Autorità di pubblica sicurezza e delle Forze di polizia funzionale all’adozione dei provvedimenti in questione. Inoltre i dati oggetto della richiesta non risultano disponibili nel formato indicato e la loro produzione implicherebbe una rielaborazione ad hoc non dovuta, ai sensi dell’art. 5 c. 2, del D. Lgs. 33/2013 e delle relative Linee Guida”.
4. Infine, con un’ultima nota del 17.07.2025 n. 1449, ad ulteriore integrazione delle note precedentemente inviate in ragione della sopravvenuta nota della Prefettura di Milano prot. 228890 del 17.07.2025, il RPCT riferiva che anche i documenti richiesti con l’accesso civico generalizzato non fossero ostensibili “in quanto rientranti tra i casi di sottrazione all’accesso, ai sensi dell’art. 3 c. 1. lett. a) e u) del Decreto del Ministro dell’Interno 16 marzo 2022 in combinato disposto con l’art. 5 c. 3 del D. Lgs. 33/2013. Le informazioni contenute in tali documenti fanno riferimento all’analisi situazionale operata dall’autorità di pubblica sicurezza, da cui, potenzialmente, potrebbero essere tratti elementi idonei alla ricostruzione di modalità di criteri utilizzati per le pianificazioni sotto il profilo tecnico, degli interventi di ordine e sicurezza pubblica da parte delle forze di polizia sul territorio di competenza”.
5. Avverso il suddetto articolato rigetto dell’istanza ostensive l’OMISSIS proponeva il ricorso in epigrafe, notificato il 29 agosto 2025, per mezzo del quale chiedeva:
“- in via principale: previa audizione dei difensori, accertare il diritto all’accesso civico generalizzato della ricorrente esercitato con l’istanza del 23.04.2025 e, per l’effetto, annullare gli atti impugnati, ordinando l’accesso ai dati, alle informazioni e ai documenti richiesti, con ogni conseguenza di legge;
- in subordine: consentire l’accesso parziale o differito al termine dell’efficacia dell’ordinanza attualmente in vigore ad alcuni dei dati, delle informazioni e dei documenti richiesti ed in particolare:
• Numero dei controlli effettuati - non già il numero delle persone controllate - nei confronti dei cittadini italiani, nei confronti dei cittadini comunitari e nei confronti dei cittadini extra UE nel periodo compreso tra il 30.12.2024 e il 31.03.2025, suddiviso per nazionalità e genere;
• Numero dei destinatari degli ordini di allontanamento emessi nel periodo compreso tra il 30.12.2024 e il 31.03.2025, suddiviso per nazionalità e genere;
• La nota del 21.12.24 del Questore di Milano (citata nel provvedimento del Prefetto di Milano del 31.12.24);
• La nota del 23.12.24 del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Milano (anch’essa citata nel provvedimento del Prefetto di Milano del 31.12.24)”.
Ai fini della domanda annullatoria formulava i seguenti motivi di censura:
1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 3, 5 e 5bis del d. lgs. n. 33/2013 anche in relazione alle Linee guida Anac (delibera n. 1309 del 28/12/2016); difetto e/o insufficienza di motivazione; tardivita’ del riscontro al riesame; eccesso di potere per travisamento dei fatti; violazione dei principi generali di trasparenza, correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa; a sua volta distinto nelle seguenti sotto-censure:
1.1 Carenza di motivazione riguardo ai profili attinenti alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica con riferimento ai dati richiesti con l’ACG e con riferimento alla mancata allegazione degli atti istruttori;
1.2 Difetto di motivazione - violazione e falsa applicazione di legge: assenza di un pregiudizio concreto all’interesse tutelato;
1.3 Insussistenza della necessità di rielaborazione dei dati;
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5-bis, comma 4 e 5, d.lgs. 33/2013 sull’accesso parziale e differito in caso di pregiudizio concreto – violazione del principio del dialogo cooperativo.
6. Resisteva in giudizio l’amministrazione intimata, la quale, con memoria del 21 ottobre 2025, eccepiva in primo luogo l’incompetenza territoriale di questo Tribunale in favore del TAR Lazio nella sede di Roma; in subordine, l’infondatezza della pretesa.
7. In vista della trattazione della causa, l’OMISSIS replicava a sua volta con la memoria del 3.11.2025, insistendo sulla competenza di questo TAR e sulla fondatezza della propria impugnativa.
8. Giunta, infine, l’udienza camerale del 5.11.2025, all’esito della discussione tra le parti costituite, la causa è stata trattenuta per la decisione.
9. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di incompetenza di questo TAR, sollevata dalla Difesa Erariale nella propria memoria.
Occorre ricordare che ai sensi dell’art. 13, comma 1 del cod.proc.amm. la competenza per la trattazione della presente controversia è ascrivibile a questo TAR in ragione del criterio dell’efficacia diretta dei provvedimenti gravati nonché del connesso ambito territoriale di applicazione della connessa domanda di accertamento e di condOMISSIS all’ostensione documentale e all’acquisizione dei dati e/o informazioni si sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 33/2013.
Invero, emerge chiaramente dagli atti di causa che i dati e i documenti oggetto dell’istanza sono pertinenti all’ambito territoriale della Prefettura di Milano e sono nella esclusiva disponibilità di quest’ultima; allo stesso modo i documenti richiesti, consistenti in atti preparatori della citata ordinanza prefettizia n. 412241 del 27.12.2024.
Da qui il rigetto dell’eccezione.
10. Sempre in via preliminare, in adesione a quanto eccepito in sede di udienza dalla difesa erariale, deve essere dichiarata l’irricevibilità della memoria depositata dalla ricorrente il 3.11.2025.
Sebbene non vi siano dubbi che detta memoria possa qualificarsi quale “replica” alla memoria di costituzione dell’Amministrazione, questa, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 73 e 87, comma 3 del cod.proc.amm., avrebbe dovuto essere depositata entro 10 giorni liberi prima dell’udienza camerale.
Essendo, invece, stata prodotta il 3 novembre 2025, ossia 2 giorni liberi dell’udienza, la memoria è irricevibile.
12. Ciò posto, ad avviso del Collegio il ricorso in questione è, innanzitutto, ammissibile.
Il Collegio ricorda che secondo quanto prescritto dall’art. 116, comma 1 del cod. proc. amm. contro “le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e ad almeno un controinteressato”.
Ebbene, l’ammissibilità della presente impugnativa si rileva in rapporto a ognuno dei tre provvedimenti emessi dal RPCT.
In rapporto a tali atti del 2, 10 e 17 luglio il ricorso risulta rispettoso del termine decadenziale di trenta giorni previsto dall’art. 116, comma 1 del cod. proc. amm., ciò questo perché per le impugnative i cui termini di decadenza cadono a cavallo della sospensione feriale ai 30 giorni devono essere computati anche gli ulteriori 31 giorni previsti per il mese agosto.
Difatti, il 29 agosto 2025, data di notifica del presente ricorso, cade ben al di dentro il termine ultimo di decadenza decadenziale posto dall’art. 116 ai fini della tempestiva impugnazione dei tre provvedimenti; essendo quest’ultimo configurabile: a) per il provvedimento del 2 luglio 2025, il 1° settembre 2025; b) per il provvedimento del 10 luglio 2023, il 9 settembre 2025; c) per il provvedimento del 17 luglio, il 16 settembre 2025.
13. Venendo al merito, il ricorso è, invece, infondato per le ragioni che seguono.
14. In primo luogo, deve essere disattesa la doglianza, enucleata nell’incipit del primo motivo, per cui i provvedimenti integrativi del 10 e del 17 luglio 2025 sarebbero indissolubilmente illegittimi in quanto emessi tardivamente oltre il termine di venti giorni ex art. 5, comma 7 del D.lgs. n. 33/2013.
Come peraltro in parte ammesso dalla stessa ricorrente, detti provvedimenti specificano e integrano la motivazione già sinteticamente, ma in verità compiutamente, espressa dal RPCT nel provvedimento del 2 luglio 2025.
Ma volendo prescindere da tale profilo, il Collegio osserva che, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, il decorso del termine previsto dal sopra citato art. 5, comma 7 non dà luogo a una situazione di esaurimento della potestà decisionale dell’Amministrazione preposta.
Detto termine, invero, si configura quale ordinatorio e non perentorio, mancando espressamente la scelta da parte del Legislatore di configurare, in caso di inottemperanza, un’ipotesi di silenzio-assenso o di silenzio-diniego.
Versandosi, in sostanza, in una ipotesi di silenzio-inadempimento, come anche evincibile dallo stesso articolo 116 del cod.proc.amm., è dunque ben possibile per l’amministrazione procedere attraverso una sequenza di provvedimenti che integrano e completano il complesso motivazionale alla luce degli elementi istruttori sopravvenuti.
Senza contare che, anche se si volesse procedere analogicamente con riferimento ai ricorsi “amministrativi” di cui al DPR 24 novembre 1971, n. 1199, anche in tale caso è stata dichiarata l’ammissibilità del provvedimento tardivo emesso dall’organo adito, seppur con diversa incidenza sul piano dell’onere di impugnazione (cfr. tra le molte T.A.R. per l’Abruzzo – Pescara, sez. I, 22 aprile 2016, n. 147).
15. Nemmeno è meritevole di condivisone la doglianza per cui il provvedimento sarebbe illegittimo per mancata allegazione degli istruttori prodotti dal Dipartimento di P.S. e dalla Prefettura di Milano.
Come è desumibile dall’esegesi della norma il potere amministrativo attribuito al RPCT dal comma 7 dell’art. 5 è pieno ed autonomo con riguardo all’istanza di accesso presentata.
Da qui discende che gli eventuali pareri resi, in sede istruttoria, dagli organi interessati (in questo caso, il Dipartimento della pubblica sicurezza e il Prefetto di Milano) assumono la valenza di atti endoprocedimentali:
a) di cui l’organo decisorio può fare o meno opportuna menzione nel preambolo del provvedimento finale;
b) e delle cui risultanze l’organo decisorio medesimo tiene conto secondo la propria valutazione, senza però alcun obbligo di allegazione.
Guardando al caso di specie, ad avviso del Collegio, non è riscontrabile l’asserita ipotesi di illegittimità, poiché il Ministero ha fatto propria, con autonomo giudizio, la valutazione resa dai pareri del Dipartimento di P.S. e della Prefettura di Milano, riportando per intero nella motivazione degli atti gravati le ragioni giuridiche esposte dai predetti Uffici e riconoscendole idonee a giustificare il diniego all’accesso documentale.
16. Esauriti i profili di carattere formale, il Collegio può addentrarsi nella disamina di quelli di tipo sostanziale posti all’interno del primo motivo.
17. Questi non sono, comunque, meritevoli di condivisione.
18. Il Collegio ritiene di dover preliminarmente delineare il quadro normativo e giurisprudenziale descrittivo dell’istituto dell’accesso civico generalizzato.
L’accesso civico ‘generalizzato’ consente a ‘chiunque’ di visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti ‘ulteriori’ rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5, comma 2, D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33). Per effetto dell’adesione dell’ordinamento al modello di conoscibilità generalizzata delle informazioni amministrative proprio dei cosiddetti sistemi Foia (Freedom of information act), l’interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cosiddetto ‘right to know’), non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge.
Il diritto di accesso generalizzato è, invero, riconosciuto allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promovimento della partecipazione al dibattito pubblico.
Coerentemente con quanto espresso dal comma 3 del citato art. 5 l’accesso in parola è azionabile da chiunque, non risulta sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e non richiede alcuna motivazione.
La regola dell’accessibilità risulta, peraltro, temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati, che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni.
Tali eccezioni, previste dall’art. 5 bis, commi 1, 2 e 3 del D.lgs. n. 33 del 2013, sono state classificate in “assolute” e “relative”, e al loro ricorrere le Amministrazioni devono (nel primo caso) o possono (nel secondo) rifiutare l’accesso.
19. Ciò posto, per le ragioni che sono di seguito esposte, i dati e documenti oggetto dell’istanza di accesso dell’OMISSIS non possano essere forniti e debitamente ostesi all’istante.
20. Principiando dai documenti oggetto della richiesta di accesso, questi sono inequivocabilmente sottratti all’attività ostensiva in forza del combinato disposto di cui all’art. 5-bis, comma 3 del D.lgs. n. 33 del 2013 e del Decreto del Ministro dell’Interno del 16 marzo 2022, versandosi in un’ipotesi di “eccezione assoluta” all’accesso civico generalizzato.
20.1. Il Decreto individua limitazioni assolute al diritto di accesso. In particolare, le note delle locali Forze di Polizia sono sussumibili nelle categorie di “documenti inaccessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità” elencate dall’art. 3, comma 1, del citato Decreto, alle lettere (a) (“le relazioni di servizio e gli altri atti o documenti presupposto per l'adozione di atti o di provvedimenti dell'autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza ovvero di altri uffici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza inerenti all'attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizioni di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità”) e (u) (“i documenti, diversi da quelli ufficialmente pubblicati, propedeutici alle deliberazio
Invero, si tratta di note contenenti analisi condivisi in seno al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ai fini dell’assunzione delle deliberazioni di competenza di tale Consesso, nonché dell’adozione delle ordinanze di competenza del Prefetto, in qualità di Autorità provinciale di pubblica sicurezza.
Tali note, pertanto, ricadono nell’ambito delle eccezioni assolute al diritto di accesso di cui al combinato disposto degli articoli dall’art. 5-bis, comma 3 d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 e 24, comma 2 della l. n. 241/1990, sicché è legittimo il divieto opposto sul punto dall’Amministrazione.
20.2. Del resto, un siffatto esito è condiviso dalla più autorevole giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato.
Pronunciatasi in merito a una richiesta di accesso acceso civico generalizzato all’Accordo di collaborazione stipulato in data 21.10.2021 tra la stessa Agenzia Industrie Difesa e la Direzione Centrale dell’OMISSIS e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, con la sentenza n. 9849 del 2023 la Terza Sezione, valorizzando il contenuto del comma 3 dell’art. 5, ha rimarcato l’applicabilità anche nella materia in disamina delle esclusioni assolute poste in forza dell’art. 24 della l. n. 241/1990
La sentenza, sul punto, chiarisce quanto segue:
“L’art. 24, comma 1, lettera a), l. 241 del 1990, prevede, per quanto di rilievo nel presente giudizio, che “1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo”.
Il citato comma 3, d.lgs. n. 33/2013, contrariamente ai commi precedenti, nell’estendere all’accesso civico generalizzato i limiti relativi all’accesso (documentale) di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990, non esige alcuna motivazione in relazione all’accertamento della mancanza di un pregiudizio concreto alla tutela dell’interesse protetto dalla norma che vieta l’accesso. Trattasi, pertanto, di un rinvio, incondizionato, a fonti di regolazione che fanno riferimento ad atti che restano in ogni caso esclusi dal diritto di accesso. Tra le predette fonti di regolazione figurano, ai sensi del citato art. 24, comma, 1, gli atti delle pubbliche amministrazioni, adottati, ai sensi del successivo comma 2, in riferimento agli interessi elencati nel comma 1.
Nella fattispecie di che trattasi, la fonte di un divieto assoluto all’accesso civico generalizzato è costituita dal Decreto del Ministero dell’Interno 16.3.2022, che, in attuazione dell’art. 24 comma 1 della legge n. 241 del 1990, nell’elencare le categorie di documenti sottratti all’accesso per motivi di sicurezza, difesa e relazioni internazionali, annovera, all’art. 2 comma 1 lett. d): “i documenti relativi agli accordi intergovernativi di cooperazione e le intese tecniche stipulati per la realizzazione di programmi militari di sviluppo, di approvvigionamento e/o supporto comune o di programmi per la collaborazione internazionale di polizia, nonché quelli relativi ad intese tecnico-operative per la cooperazione internazionale di polizia inclusa la gestione delle frontiere e dell’OMISSIS”.
Alla luce delle predette coordinate normative, ai fini dell’attivazione dei limiti di cui 24, comma 1, (tra i quali compare la previsione di ulteriori limiti all’accesso mediante atto della pubblica amministrazione), non occorre, contrariamente a quanto opina l’appellante, una motivazione dell’amministrazione che bilanci in concreto le ragioni sottese alla richiesta di accesso civico generalizzato con quelle cui è informato il contro-interesse tutelato dalla legge o in base alla legge”.
20.3. Né, infine, può essere utilmente usato quale argomento la recente ordinanza del Consiglio di Stato n. 3518 del 2025, resa nel giudizio di cui al R.G. n. 6772 in rapporto a una domanda annullatoria, accolta in primo grado dal TAR Campania, avente a oggetto i decreti prefettizi di istituzione delle zone rosse a Napoli.
La circostanza per cui con l’ordinanza il Collegio giudicante abbia richiesto l’acquisizione di copia dei verbali del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, posti a base delle ordinanze prefettizie impugnate, non produce quoad effectum anche in questo giudizio il sorgere in capo alla ricorrente del diritto all’ostensione di provvedimenti di analogo tenore.
Il Collegio ricorda che l’ordine di acquisizione è stato disposto dal Consiglio di Stato in forza dei poteri istruttori ufficiosi, i quali, come è noto, sono spiegabili anche in relazione a documenti coperti dal segreto o da divieto di divulgazione. Non può, in altri termini, nascere dall’esercizio della legittima potestas iudicandi da parte del G.A., effettuata ex officio in forza delle prerogative codicistiche, un conseguente diritto all’ostensione in capo al privato in un altro caso, sicché non potrà che trovare applicazione il limite assoluto all’accesso posto dal combinato disposto di cui agli artt. 5, comma 3 del D.Lgs. n. 33/2013 e 24, comma 1, lett. a) della l. n. 241/1990.
21. Passando, infine, alla disamina della parte dell’istanza avente a oggetto la fornitura di dati e informazioni, anche questa non può essere ammessa per plurime ragioni convergenti.
21.1. In primo luogo, la richiesta avanzata ha ad oggetto una pluralità di informazioni che richiedono una complessa e non dovuta attività di elaborazione da parte della Prefettura.
Al riguardo, è noto come, per consolidata giurisprudenza, l’istituto dell’accesso civico generalizzato non può imporre all’Amministrazione attività di elaborazione, creazione o aggregazione di informazioni che non siano nella sua disponibilità.
L'Amministrazione non ha, infatti, l'obbligo di rielaborare i dati ai fini dell'accesso generalizzato, ma solo di consentire l'accesso ai documenti nei quali siano contenute le informazioni già detenute e gestite dall'Amministrazione stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 16 febbraio 2021, n.1426).
In altri termini, l’istanza di accesso pone in capo all'Amministrazione destinataria dell’istanza un mero dovere di dare, ossia di rendere conoscibile un quid già precostituito, non anche un preliminare dovere di facere, ossia di confezionare una documentazione prima inesistente (cfr. T.A.R. per il Lazio – Roma, sez. III quater, 6 luglio 2022, n. 9258; T.A.R. per il Lazio – Roma, sez. III, 4 gennaio 2022, n. 25).
Guardando al caso di specie, le informazioni richieste dall’OMISSIS non sono immediatamente ricavabili dagli archivi digitali di cui dispone la Prefettura, attraverso l’applicazione di meri filtri di ricerca.
Per fornire la totalità dei dati nei termini sollecitati, sarebbe necessario esaminare uno ad uno i provvedimenti adottati, estrapolarne manualmente le informazioni rilevanti e successivamente ricondurle a categorie omogenee, per poi procedere ad una somma finale.
Il pieno soddisfacimento dell’istanza in esame, pertanto, non comporterebbe un’attività di mera ostensione di dati già esistenti e disponibili, ma imporrebbe a questa Prefettura una vera e propria rielaborazione di dati e creazione di nuove informazioni, che esula dagli obblighi sulla stessa gravanti ai sensi del D.lgs. n. 33/2013.
21.2. In secondo luogo, l’istanza non può essere accettata in quanto sostanzialmente “massiva” e “generalizzata”, ossia volta ad acquisire documentazione e dati che interessano un lungo arco temporale (3 mesi) e a dare luogo, in sostanza, un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'Amministrazione di Pubblica Sicurezza.
Il Collegio ritiene di precisare, in adesione alla più convincente giurisprudenza amministrativa, che anche in materia di accesso civico generalizzato devono reputarsi sussistenti, se non altro a titolo di analogia legis, limiti simili a quelli rassegnati in tema di accesso difensivo, con specifico riguardo a quelli compendiati dalla previsione dell’art. 26, comma 3 della l. n. 241/1990 secondo cui “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni”.
Difatti, “la valorizzazione, con l'introduzione dell'istituto dell'accesso civico generalizzato, del principio della massima ostensione degli atti amministrativi, nell'ambito di un nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadini e potere pubblico — improntato a trasparenza e accessibilità dei dati e delle informazioni —, non comporta tuttavia che esso possa estendersi fino al punto da legittimare un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'Amministrazione, sussistendo puntuali limiti estrinseci ed intrinseci al suo esercizio” (cfr. sul punto T.A.R. per il Molise, sez. I , 7 marzo 2023, n. 67 che richiama anche T.A.R. per la Sardegna, sez. I, n. 319/2022).
E guardando al contenuto dell’istanza emerge chiaramente la finalità di controllo generalizzato dell’attività della Prefettura, atteso che gran parte delle richieste sono rivolte a verificare le modalità con cui la Prefettura ha espletato le proprie funzioni di prevenzione e controllo sul territorio milanese, con particolare focus alle operazioni relative gli ordini di allontanamento e le eventuali denunce in caso di loro trasgressione per un arco di tempo consistente (3 mesi); richieste, peraltro, connotate da una particolare attenzione ai destinatari di nazionalità straniera.
A ben vedere, quindi, l’oggetto dell’istanza esige un facere ulteriore rispetto alla mera divulgazione delle informazioni documentali già detenute dalla Prefettura, e cioè una complessa attività di individuazione e di elaborazione di dati nell’ambito di un’enorme mole di documenti avente contenuto complesso.
Da qui l’inammissibilità per genericità e per la natura massiva dell’istanza.
21.3. In terzo e ultimo luogo, deve osservarsi che, con particolare riferimento alle richieste 2), 3), 4), 5) e 6), si sarebbe comunque imposta, in applicazione dell’art. 5-bis, comma 2, del D. Lgs. n. 33/2013, l’esigenza di valutare, in relazione alle categorie di dati contemplate dall’istanza, la sussistenza di aspetti di doverosa tutela degli interessi privati sensibili suscettibili di essere pregiudicati da un ipotetico accesso civico generalizzato.
Occorre ricordare che la circostanza per cui la risposta alle suddette richieste comporta la comunicazione di dati relativi a precedenti penali (tanto di condOMISSIS definitiva quanto di pendenza di procedimento), precedenti di polizia, denunce e ordini di allontanamento.
Sebbene le richieste in esame sono formulate in maniera tale da chiedere il principalmente dato numerico e l’eventuale titolo del reato, ciò non toglie il fatto l’Amministrazione avrebbe, comunque, dovuto intraprendere un’interlocuzione con i soggetti interessati, i quali avrebbero ben potuto opporre il proprio legittimo rifiuto alla divulgazione del proprio dato personale.
Ciò perché i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'art. 7 del D.lgs. n. 33/2013 (cfr. in tal senso par. Garante per la Protezione dei Dati Personali dell’11 ottobre 2018, n. 9063969).
Sicché non può escludersi completamente, anche in un contesto di omissione del loro relativo nominativo, a seguito dell’ostensione, la sussistenza di un concreto rischio di interferenza ingiustificata e sproporzionata nella loro sfera personale, con conseguenti ripercussioni negative sul piano professionale, personale, sociale e relazionale.
21.4. In definitiva, l’istanza dell’OMISSIS non può ritenersi ammissibile in quanto: i) generica e massiva, a causa del numero cospicuo dei dati e documenti richiesti; ii) essenzialmente esplorativa; iii) onerosa, in quanto per essere soddisfatta postula una complessa attività di reperimento e individuazione di dati e documenti; iv) richiedenti un’attività di rielaborazione dei dati o documenti esistenti; v) capace di recare un concreto pregiudizio alla protezione dei dati personali, con particolare riguardo a quelli relativi i precedenti penali, i giudizi pendenti e i precedenti di polizia.
22. Va, infine, precisato che, in ragione dei suddetti profili ostativi, non può ritenersi percorribile la soluzione del differimento dell’ostensione dei documenti al termine dell’efficacia dell’ordinanza prefettizia, avanzata con il secondo motivo di ricorso.
Il divieto assoluto di divulgazione per i documenti, da un lato, le plurime ragioni di inammissibilità, dall’altro, sono ragioni sufficienti a precludere l’accesso in qualunque tempo.
23. In definitiva, per le ragioni sopra esposte, l’impugnativa deve essere respinta.
24. La novità e la complessità delle questioni giuridiche prospettate giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2025 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Luca Iera, Primo Referendario
Federico Giuseppe Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Federico Giuseppe Russo Antonio Vinciguerra
IL SEGRETARIO
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